venerdì 3 giugno 2016

Paolo Ruffilli

DEL SONNO E DELLA VEGLIA



Come dall’orlo
di un burrone, dal
colmo su della salita
pronti a soddisfare
la sete trattenuta,
precipita nel vuoto
sta e dilaga.

Flussi e riflussi
ondate, alla deriva,
in mezzo ai ritagli
di parole, di immagini
slegate, in storie che
sovrappongono figure e
attorcigliano le trame.

E dall’avvolgersi, in
se stessa, della trottola
riemerge a tratti per
spire lente e successive
fino al pluff, al soffio
che risucchia dalle rive
nuovamente ai fatti.

Il sonno è traditore
se si prolunga troppo,
se ricomincia ad inseguire
la sua ombra, a rivoltarsi
a forza, a mordersi la coda.
Rafferma le sostanze
dentro i vasi.

Fa più traversa e spessa
l’aria, riempiendo
parte dei polmoni e
parte lasciandone al ristagno
e grava il cuore
e svuota il capo,
facendolo dolere.

A quell’estremo passo,
prima del salto a
capofitto, della caduta
su reti di vapore,
lasciarsi non si può
slittare dentro,
se corrono i pensieri.

Occorre opporsi un muro
contro cui attestarsi
sicuri del sicuro.
Nell’attimo lasciato e
chiusi a ogni futuro,
disporsi a cogliere
quel filo nella cruna.

Ed è più difficile
se non c’è margine
dal pasto, e il cibo
grava sullo stomaco
spostando il baricentro
verso il basso,
rompendo l’equilibrio.

Se piedi e pancia
non sono già
coperti e non si
è stesi al duro,
se non è posto in mezzo
un giusto schermo
ai raggi della luna.

Se non può entrare
l’aria fresca, se non
tranquillo e scuro
è il luogo, sulle prime.
E se non c’è una piega
gradita per il corpo:
forma del sonno.

Calcolo e misura
di un altro regime
di tensione, nel punto
in cui si pone a
condizione pura e
semplice del moto
lo stato della quiete.

Labirinto incantato
in cui si scioglie
il vincolo più ingrato,
si chiude la ferita.
Soffio vincente:
droga e macchia
d’olio nella mente.

Ma ruba vita
il sonno diurno,
aggrava e fa marcire
la ferita. Specie
quello meridiano,
di più nei giorni
accesi di canicola.

Sollievo sa darne
anche la veglia.
I nervi tesi e
l’attenzione del corpo
a tutte le sue parti,
gli sguardi vòlti
fino nei dintorni.

La mente che si scioglie:
si piega, si distende e
passa per le vene con il
sangue, si raccoglie nel
più piccolo interstizio,
riempie il vuoto
della carne.

da Natura morta, Nino Aragno Editore, 2012


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