mercoledì 8 giugno 2016

Eloy Sánchez Rosillo

UNA STAGIONE ALL’INFERNO

La fine dell’infanzia – a dodici anni –
la trascorsi da interno in uno degli orribili
collegi religiosi di quell’epoca.
Inospitale e fredda, la città
dove quel centro alzava le sue mura
carcerarie. Trascorsi dietro di esse
un corso intero, solo, disperato,
tra insegnanti crudeli e strani condiscepoli.
Ricordo soprattutto il lunghissimo inverno:
neve triste che cade sopra cortili tristi
e umidità sottile che penetra le ossa.
Vi soffrii l’indicibile. Nel cuore
di un bambino talvolta può albergare
il dolore del mondo.

                                      Ma conservo
di quel gelido inferno alcuni bei ricordi:
m’accompagna e mi salva inesauribile
la loro luce. Una volta a trimestre
m’avvisavano che c’era mia madre,
venuta a visitarmi. E io correvo
nella lugubre sala dove lei m’aspettava.
Ed aprendo la porta di colpo la vedevo.
Era vero, era lei, giovane ancora,
bella, vicina, pronta ad abbracciarmi,
piena di baci e risa e di dolci parole.



Traduzione di Francesco Dalessandro

da Hilo de oro (Antología poética, 1974-2011), Catedra, 2014

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