venerdì 29 gennaio 2016

Gilberto Sacerdoti

SAILING FROM BYZANTIUM

Questa non è terra per i giovani. Qui l’acqua
rancida nutre alghe voraci e poi corrotta
fermenta tra le pietre antiche infette
costrette ad esibirsi per gli sguardi
ebeti di popoli bastardi.

Qui tutta l’estate è efflorescenza
putrida e lucrosa sopra i resti
di un tempo invivibile ma immoto:
l’estate è miserevole mercato
dell’ostentata morte del passato.

Qui l’acqua corrotta è corruttrice
di giovani lascivi ed indolenti
che eruditi in ignavia e in ignoranza
dimenticano o irridono anche il resto
di magnifici edifici d’intelletto.

Chi all’ombra loro sosta troppo a lungo
s’educa allo sguardo e al disincanto
del tempo che corrompe e innobilisce;
assorto dal passato non conosce
la forza dell’uomo che costruisce

e quando egli parte non gli è dato
scordare gli alti segni del passato.
L’oro che conosce è già brunito;
all’anima sua solo domanda
di dire forte il tempo che comanda.



Da Fabbrica minima e minore, Pratiche editrice, 1979



mercoledì 27 gennaio 2016

Franco Fortini

LIMES

da Horia Goga

Tornava attraverso la sera
stringendo ai cuoi la mantella
Decio Costanzo, Legio Fulminata.
Voci venivano dai fumi.

Guardò il giovane che ora mangiava
inquieto fra i soldati.
Inutile ora parlargli, domani
verso occidente l’avrebbe mandato.
A Roma, d’uomini c’era bisogno
per murare altre mura. I tempi erano incerti.

Quando fu notte alta uscì dal campo
senz’armi. Provò il ghiaccio.
Molto lontani dall’altra riva canti
credeva udire. «Per uno
che viene, un altro vada»,
pensava disertando.

Nell’alba lo cercarono i soldati.
Con tuono il disgelo spezzava il Danubio.
Roma era ancora nel sonno d’aprile.
Il giovane scita si svegliava felice.

Da Tutte le poesie, Oscar Mondadori, 2014

lunedì 25 gennaio 2016

Roberto Pazzi

IL VIAGGIO

Tu sei la terra che non finisce mai
e gira e torna sempre alle stagioni,
tu sei la fine della paura
che il sole non risorga
e la vita d’una colpa si spenga.
Vince il tuo canto il sapore
d’un corpo solo e prigioniero,
il timore del ritorno
alla solitudine delle stelle.
Tu sei lo spavento della bellezza
quando mi chiami e non parli,
il desiderio della fine
quando mi stringi,
il tempo che si rompe nel sospetto
d’un altro tempo tuo senza di me,
quell’era arcaica ch’io non vedrò mai.
Io sono il fumo della vita
che bruciò quel tempo favoloso
e vago in te come esploratore
timoroso che l’altro, dagli antipodi,
lo preceda allo zero del polo
per piantare il vessillo del suo re.

Da Calma di vento, Garzanti, 1987

venerdì 22 gennaio 2016

William Shakespeare

SONETTO XXX

Quando all’appello del dolce, silente pensiero
cito la memoria delle cose passate,
sospiro la mancanza di molte già sospirate
e con vecchie pene di nuovo lamento lo spreco
del tempo prezioso; per gli amici più cari
nascosti nell’interminabile notte della morte
si gonfiano gli occhi, non avvezzi a lacrimare,
ripiango pene d’amore da tempo esaurite
e lamento il dispendio di visioni svanite;
mi affliggono danni passati e dolore su dolore
stancamente ripeto l’infelice resoconto
di dolenti lagnanze già scontate che risconto.
Ma se, caro amico, in quel mentre ti penso
le perdite sono rimesse, la pena più non sento.


Traduzione di Francesco Dalessandro

da Ladro gentile, Il Labirinto, 2014


Ricordo che Ladro gentile - traduzione dei 42 sonetti scespiriani scelti da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che li giudicava "fra i massimi che mano umana abbia scritto" - si presenta oggi pomeriggio alle 17.30, all'Aleph, in vicolo del Bologna 72. Ne parleranno con me i poeti Silvia Bre e Domenico Adriano.  

mercoledì 20 gennaio 2016

Eloy Sánchez Rosillo

VECCHIA CITTÀ

Ho sognato stanotte che tornavo
a una città italiana dove vissi
in un’estate della giovinezza.
Lì m’accaddero cose molto belle,
e fui felice come poi non sono
mai più riuscito ad essere
così competamente.

Però nel sogno camminavo solo,
sotto una luna pallida e l’angustia
per quelle strade vuote. Abbandonato
e confuso, quasi irricononoscibile
sembrava tutto. E non m’aprì nessuno
quando bussai due volte
alla porta di casa.


Traduzione di Francesco Dalessandro



Da Hilo de Oro (Antología poética, 1974-2011), Catedra,

2014


lunedì 18 gennaio 2016

Rosa Salvia

DUE POESIE DEDICATE, II

Questa pietra non termina e non muta
bucando come aghi i miei occhi
che mi soffocano di petali sfogliati.

La tua assenza, Beppe, le parole non dette,
le cerco, le bacio, le rompo, sillabe, vocali,
amanti, sorelle,
le ascolto             nei tuoi versi
obbedienti a un respiro magico ed occulto.

Mi indicano le strade e i viali
dove corro,
in quella parte di cielo che non ha
tramonti,
dove ogni cosa è più forte dell’uomo,
dove nascondo all’alba
le mie lacrime,

dove tu mi consoli

da Dolore dei sassi, Puntoacapo, 2015

venerdì 15 gennaio 2016

William Shakespeare

SONETTO XXIII


Come un attore inesperto che in scena
dimentica la parte per paura,
o un infuriato traboccante d’ira
a cui per troppa rabbia manca il cuore,
così io sfiduciato dimentico i precisi
cerimoniali della corte d’amore,
per eccesso d’amore indebolito
di quest’amore mi schiaccia la forza.
Nunzi muti del mio parlante petto,
questi fogli siano allora l’eloquenza
che amore supplica e spera ricompensa
più della lingua che di più più disse.
Oh, leggi quel che amore silenzioso scrisse:
con gli occhi ascolta chi l’amore intende.

Traduzione di Francesco Dalessandro

da Ladro gentile, Il Labirinto, 2014


Questo è il primo dei 42 sonetti di Shakespeare che Giuseppe Tomasi di Lampedusa giudicava "fra i massimi che mano umana abbia scritto" e che ho tradotto e raccolto in Ladro gentile. Venerdì prossimo, il 22, al circolo Aleph, in vicolo del Bologna 72, alle 17.30, ne parleranno con me i poeti Silvia Bre e Domenico Adriano. Chiunque voglia partecipare sarà il benvenuto. 


mercoledì 13 gennaio 2016

Alberto Bellocchio


DALLE PARTI DEL PARCO

Dalle parti del Parco
Sempione un uomo avanti
negli anni portava stracci
e una muta di cani su un carrettino.
Sull’asfalto sopra la pietra
granito scriveva “la chiesa
ti uccide coll’onda” nessuno
aveva a ridire. C’è un modo di fare
un potere, voleva dire – forse – 
invincibile, subdolo, non lo prendi
non lo intercetti, colpisce
cammina senza bisogno di strade
di pietre miliari di guadi di ponti
senza cambio cavalli. E tutto il parco
fiorisce di scritte nere sopra
il granito. La città lasciava
fare gli consentì di vivere
poi di morire
lui e i suoi cani. Nel tempo
che impiega la pioggia a lavare il granito
lo dimenticò. A fare la guerra
a Bill Gates sono rimaste
le pulci dei cani.

Da Sirena operaia, il Saggiatore, 2000

lunedì 11 gennaio 2016

Gabriella Sica

da FRACTIO PANIS 
(L’età del pane spezzato)

*
mi manca nella tua casa un balcone
potrei piantare edere tremanti
che scenderebbero ora a primavera
giù nel tuo studio sotterraneo
dove stai come nell’Ade ogni giorno
potresti rinverdire salire alla luce

*
Con implacabile e gelida lima
hai rasato con cura i fiori gli sparsi
desideri e ogni pretesa di rima.
Stremata abbracciata alla sorte
mi hai insegnato come ritrarmi
e come sarà un bel giorno la morte.

*
Didone abbandonata e Sylvia con i figli!
fiere stremate per selve e mari
spose della morte e dei bianchi gigli
(oh pietre scartate pietre angolari!)
hanno buttato giù la casa e la vita.
Tombe da cui risorgere e non ferita...

*
piano piano ci stiamo trasformando
tu Ulisse il colosso il padre che non c’è
il fantasma che nella famiglia scava
io figura piegata da sposa a ostaggio
o Antigone incatenata ai morti
il tempo sfigura chi non si guarda

*
non guerra ma pace in piazza chiedi
tu che m’hai dato questa lunga guerra
(o la guerra è in noi?) ma tu vedi? vedi
quando noi emigrati dal paradiso
noi quattro in cielo e niente di reciso
quando risponderà la terra al cielo

da Le lacrime delle cose, Moretti & Vitali, 2009

venerdì 8 gennaio 2016

Umberto Fiori

MATTINO

Luccica un vetro
e un altro, più in alto –
in un palazzo là in fondo.

Sul mio terrazzo
sento che sole e casa
e mondo e sguardo
mi guardano da dietro.

Da Poesie 1986 – 2014, Oscar Mondadori, 2014


mercoledì 6 gennaio 2016

Raffaela Fazio

PICCOLI ACCORGIMENTI

                               per Marie-Agnès

Deglutisci
se ad alta quota
un antico vuoto
fa male.

Se piove a vento
dentro le parole
aspetta.

Quando indivisa
è la notte
non la spartire
neppure con l'amore

guardala
da sotto
cercane l'odore
di scura mammella
– nessuna patria
nessuna risposta –
solo una lenta
animale
suzione di stelle.

E vedrai

un giorno
la notte finisce.

Deglutisci.



(inedita)

lunedì 4 gennaio 2016

Alberto Toni

SALIVA ANCORA AGILMENTE

Saliva ancora agilmente.
Per me d’antico pianto già si prefigurava,
abbandonato il miracolo del tempo,
di grado in grado lo sento muoversi
in me, l’incendiario della mente sembra
l’angelo del desiderio che ogni notte
al mio corpo parla. Ogni linea nel battito,
ogni ora senza più la pietà necessaria.
Infilava le strade della città nuova
e non chiedeva, l’occhio sempre
vigile e pronto al frutto già maturo.
Libero alla sua casa nel trasloco,
si farà vivo, dicono, al momento
opportuno.

Da Vivo così, Nomos edizioni, 2014


venerdì 1 gennaio 2016

Aleksandr Blok

I DODICI

1.

         Cupa sera.
         Neve bianca.
         La bufera
i viandanti abbatte e sfianca.
         La bufera
sulla terra intera!

         Turbina il vento
          i bianchi fiocchi
e abbarbaglia gli occhi.
         Ghiaccio, ghiaccio:
          l’uomo sui ginocchi
casca, oh poveraccio!

          Da un muro a un portone
          una fune si stende.
          Sulla fune un telone:
«Tutti i poteri alla Costituente!»
Una vecchietta non sa che vuol dire,
né lo potrà mai capire.
          Perché tanti stracci?
          Perché quei grandi cartelli?
Meglio farne fasce ché son nudi i nostri ragazzi,
          sono scalzi i nostri monelli!

La vecchia come una gallina
razzola nella neve profonda.
         «Oh benedetta Madonnina,
          i bolscevichi mi mandano alla tomba!»

          Il vento è argento vivo
          ed il gelo un folletto.
          Un borghese nel quadrivio
          ficca il naso nel colletto.

Capelli lunghi, mani in croce,
un tale dice a bassa voce:
          «La Russia muore!
           Rinnegati!»
Dev’esser certo un oratore,
           un letterato...

Ed ecco sul nevaio
un pop nel suo mantello.
Non ti senti più gaio,
rispondimi, fratello?

Forse ricordi sempre
quando senza lavoro
ti splendeva sul ventre
il crocifisso d’oro?

Una signora impellicciata
verso un’amica s’è voltata:
«Ho tanto pianto, ho pianto tanto...»
            È sdrucciolata,
e pan! s’è tutta spampanata!

            Gesù
tirami su!

            L’allegro vento,
            freddo e sferzante,
            gioca contento
            con il viandante,
            strappa i mantelli,
            porta cartelli
            sopra la gente:
«Tutti i poteri alla Costituente!...»
Ma reca anche parole a brandelli:

«... Anche noi s’è fatto adunanza...
... proprio lassù in qualche stanza...
            ... Disputammo...
            deliberammo...
Dieci per una, venti a nottata
             è la tariffa obbligata...
                               ... Andiamo...»

             Buio profondo.
             Strada deserta.
             Un vagabondo
             nella tempesta.
             Il vento fischia...

            «Oh vagabondo!
                    vien qua...
             Abbracciamoci!»

              Pane!
Chi va là?
              Via di qua!

Cielo, cielo nero.

L’odio, l’odio fiero
             bolle in cuore...
L'odio santo, l’odio nero...

Sta’ in guardia,
compagno, sta’ in guardia!

Traduzione di Renato Poggioli

da I dodici, Einaudi, 1965