lunedì 9 febbraio 2015

Maria Clelia Cardona

EURIDICE

Il mio già innamorato orecchio ascoltava
più che la musica il tuo patteggiare che a me
– francamente – sembrò sventato.
Così balzai dal letto – mi copriva una coltre
di bianchi papaveri e appena distinguevo
nello specchio il mio viso sbiadito più lieve
tra le garze dei petali. Mi amerà
ancora? Pensavo, così sfarinata e
il sangue mutato in bruno terriccio in fondo
alla ferita. La coroncina di mirto dai
capelli mi scivolò sui fianchi: ero appena
una reliquia. E ad ogni movimento
il mio corpo levava sbuffi di polvere.
Dov’è Euridice? Dov’è il mio bene? cantavi
al suono della lira. Non era una festa
ma per farmi notare ballavo e ballavo:
trovai la forza per qualche piroetta in alto
mulinando come un soffione sul prato.

Dov’è il mio bene? Non mi vedevi o
fingevi? lusingato da tanto silenzio
e ombre intorno al tuo canto.

Non guardarla – bisbigliavano i cinerei
sovrani – Non è che una fulina, anche
uno sguardo la può lacerare. Siamo
ormai disavvezzi ad ogni violenza.
Solo negli occhi si vive, ma noi
siamo qui per morire.
E poi allungando le già lunghe lingue:
Se la vuoi pur così sciupacchiata è tua
con ancora indosso la veste nuziale e ancora
amorosa la bocca cilestrina.
E tu che fingevi di cercare sotto i sassi,
nei tronchi, in qualche ghianda d’argento,
in un nido di civetta per guadagnare tempo.

Ti seguivo con le mie ali di carta
appesa ai tuoi capelli.
Tutt’intorno un dormiveglia di ombre
che leccavano latte.

Notte – spiegata davanti ai miei occhi,
immenso abbandono.

                                            Tu bruciavi già per la voglia
di stenderti al sole, pensavi a me
come al frutto carnoso di cui ero ormai
solo il seme bianco e amaro.

E io con la gola chiusa da un nauseante miele:
Ma parla! Almeno di’ qualcosa! Chi ti impedisce
di parlare? E tu: Dov’è Euridice? Dov’è il mio bene?
cantavi a gran voce per il sentiero in salita, finché mi dissi:
ma chi cerca?

Quella lite silenziosa non ha lasciato ricordi.
Una piccola nube di api nere ha invelenito
il nostro viaggio nuziale.
Voltandoti non ti sei accorto neppure
che già in silenzio me ne ero andata.


Da Il vino del congedo, Amadeus, 1994

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