venerdì 29 agosto 2014

Alessandro Ricci

A PAOLO BARDELLI


Se potessimo berlo a Cipro
questo
vinello pazzo, nel cuore
d’una rinascita greca,
noi chi saremmo?
Fedeli
estri di luce sulle acque
del porto, sul banco
della taverna e fuori,
di prima
effusa mattina nella ragna
albina dei battelli – vele
biancastre in rotoli –, nel fiotto
pigro della crespa al molo
e azzurro
delle rondini in alto.

Qui saremmo canuti
provati e inutili, gente
imprevista e forse
non esistente, memore
dei fatti veri così
come dei falsi; o dimentica,
e priva di desideri al soldo
d’un bicchiere di giallo
pieno, le scarpe
nel terriccio che non tentenna
insieme agli alberi ubriachi
dei pescherecci.

«Sarà meglio, sarà
peggio?»: esiliati
a contare i giorni
dall’estro alla rinuncia,
e da questa al poi, in una
delusissima cala, di mare,
di male biavi e silenti,
perché farsi domande?
Avremmo motivo di suono
se conoscessimo le voci
e i modi dell’amnesia,
perché il divieto anche
della parola ha una cronica
storia.

La Venere locale non ha paura
di noi – bionda di spuma
o nera di baracca – se le molte
stanchezze invadono l’oggi
e invecchiano i domani
nel suo giardino stregato.


Da L’editto finale, Edizioni Il Labirinto, 2014

Nessun commento:

Posta un commento