venerdì 28 ottobre 2011

Gianfranco Palmery


TASSO ALL’ASILO DI SANT’ANNA

                               UN RITRATTO


Presso il letto, seduto – la sua smania, fiamma
che sordamente lo consuma, o la calma
stupefatta: i capelli viperei, alle tempie
la rasoiata del tempo; aridi o ardenti
gli occhi, ormai sempre offuscati, senza
più il fuoco dell’immagine, le lenti
inutili, o quasi; ma insieme ai fulvi
funerei baffi completano un’aria curialesca

inquisitoria – che è suprema ironia
per un ritirato dal mondo che interroga
soltanto il suo riflesso, con fatica
come in un appannato corroso specchio,
mentre porta lento alle labbra una mielata
tazza, la tiepida pozione, cura
per l’improvviso raffreddore – con le sue amate
gatte all’intorno: così si figura...

Sui cinquant’anni, se Dio li abbandona
o lo abbandonano loro, ammattiscono
tanti poeti – per dire che escono
fuori di sé, definitivamente. – Il dèmone
familiare imperversa, prende
il sopravvento, oppure si nasconde, scompare,
e se chiamato tace, beffardo irride
con la sua assenza, non risponde più.

Anche dietro una maschera austera, di savia
compostezza si cela questo vuoto
orrore – semplicemente non c’è
più nessuno: il padrone di casa è fuori,
partito – chissà quando, se mai tornerà.
E quello che si vede a piè del letto, intento
a vigilare l’immagine riflessa, è solo
il cane da guardia della sua infermità.


Da Il versipelle, Edizioni della Cometa, 1992

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