lunedì 20 giugno 2011

Andrew Marvell

DIALOGO FRA L’ANIMA E IL CORPO

Anima
Chi rialzerà da questa prigionia
un’anima costretta a esser schiava
in mille modi? Con catenacci d’ossa,
incatenata ai piedi, con le mani
ammanettate, qui accecata a un occhio,
là assordata da rulli di tamburi
ad un orecchio. Un’anima legata
da catene di nervi arterie e vene
e, oltre ogni altra parte, torturata
in una testa vuota e un cuore doppio.

Corpo
Chi mai potrà liberarmi del tutto
dai ceppi di quest’anima tirannica?
Ergendosi m’impala ad un’altezza
che mi fa il precipizio di me stesso,
eccita e spinge quest’inutile carcassa
(come neanche una febbre lo potrebbe).
Volendo un dove per provare il suo livore
mi diede vita per farmi morire.
Un corpo che non ebbe mai riposo
posseduto da quel malvagio spirito.

Anima
Quale magia poté imprigionarmi
nel dolore di un altro da patire
dove per ogni cosa che lo affligge,
anche se non potrei, provo dolore?
Tutta la mia attenzione è dedicata
a difendere quel che mi distrugge –
obbligata non solo a sopportare
il male ma di peggio: la sua cura –
e pronta spesso a guadagnare il porto
nella salute torno a naufragare.

Corpo
Ma la Fisica non potrà comprendere
le malattie che tu stessa mi insegni:
prima tra tutte mi strazia il crampo
della speranza e subito lo spasmo
della paura; la peste dell’amore
brucia, o divora l’ulcera dell’odio;
la follia lieta della gioia mi confonde,
m’irrita invece la follia del dolore;
questo la conoscenza costringe a sapere,
né la memoria vi vuol rinunciare.
Che cosa con arguzia se non l’anima
poteva farmi così adatto al peccato?
Gli architetti così tagliano e squadrano
i verdi alberi cresciuti nella foresta.

Traduzione di Francesco Dalessandro


Andrew Marvell, Selected Poems, Oxford University Press, 1994

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